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ARTICOLO C. Capoferri e S. Morena: La depressione in adolescenza. Un approccio analitico transazionale
Cristina Capoferri e Stefano Morena

Per gentile concessione del Centro di Psicologia Dinamica di Padova, riportiamo qui l’articolo di Cristina Capoferri e Stefano Morena (2013) “La depressione in adolescenza un approccio analitico transazionale”, pubblicato sul numero 15 dei Quaderni CPD (pag 61-73).

“COME PIETRA… AL FONDO DI ME” (R. BARTHES) LA DEPRESSIONE IN ADOLESCENZA UN APPROCCIO ANALITICO TRANSAZIONALE

Cristina Capoferri  Stefano Morena

Quando la malinconia scende su di noi all’improvviso, la nostra prima sensazione è di essere rinchiusi in un carcere. Il carcere non ha fori, o aperture, o finestre: non ci sono che mura, mura, altissime mura. Non c’è nessuna via d’uscita: nessuna via d’entrata. Siamo lì, e non vediamo nemmeno una pietra, perché l’occhio è fisso verso il nostro interno. Eppure, dentro quelle mura chiuse, la malinconia non smette di sgorgare, di fluire, di farci parlare, talvolta delirare”. (Pietro Citati, 2005)

Abstract

Questo contributo si pone come iniziale riflessione sui molteplici aspetti della depressione in adolescenza. In esso si offre una cornice teorica di riferimento, se ne illustra il processo diagnostico, e un possibile piano di trattamento dal punto di vista analitico transazionale.

Abbiamo colto con interesse l’iniziativa dell’A.I.A.T. e del C.P.D.  come uno stimolo per coloro che si occupano di età evolutiva, poiché la letteratura analitico transazionale sul tema è limitata.

Ci proponiamo  pertanto di offrire un contributo iniziale. Ci auguriamo che si  apra un dibattito in funzione di ulteriori sviluppi ed approfondimenti. Segnaliamo che questa riflessione nasce all’interno di un gruppo di ricerca costituito da I.T.A.C.A. (International Transactional Analysts for Childhood and Adolescence), in collaborazione con il dott. E. Benelli,  con la presenza di psicoterapeuti di indirizzo analitico transazionale che lavorano con bambini ed adolescenti. Presentiamo ora una situazione clinica che ci introdurrà al tema.

Giovanni ha 17 anni e frequenta la terza classe di un istituto superiore. Quando si presenta ai colloqui il suo abbigliamento è stabilmente nero.  Per tutta la durata degli incontri se ne sta rinchiuso nel suo pesante giubbotto. La postura appare rigida. Esordisce affermando: “Spesso sto male, mi deprimo. Mi sono sempre sentito diverso, dalle elementari alle superiori. Mi sembra di vivere in una bolla. Mi sento strano.”

Giovanni proviene da una piccola frazione di montagna con pochi abitanti ed  arriva in terapia, accompagnato dal padre, poiché non vuole più andare a scuola. “Il mattino non voglio mai alzarmi dal letto”. Ha già subito una bocciatura. Stare a casa lo opprime. Si descrive come uno che parla pochissimo anche con i suoi familiari. Spesso  aggiunge di sentirsi fermo, come se fosse spento.  A casa descrive un “clima aspro e acido”. Talora ha momenti in cui pensa tantissimo. “Certe volte sono infognato nei miei pensieri, altre sono molto depresso”. Ama suonare la chitarra classica in solitudine. Da poco ha abbandonato lo  sport che praticava da anni. E’ alla ricerca di  diverse compagnie amicali  ma, sottolinea, non fa parte di nessuna di queste: “Il sabato sera vado in giro in moto e se trovo qualcuno mi fermo”. Il linguaggio appare ricercato. Il tono della voce è basso e monotono.  Il contratto esplorativo iniziale tocca tre aree: “Primo, voglio sapere se sono un diverso, poi, se ho proprio un disturbo e poi come posso fare per trovare il modo di socializzare di più.”

  1. Depressione e Adolescenza

“La depressione è tradizionalmente considerata un’alterazione dell’umore, caratterizzata da sintomi come tristezza, svogliatezza, astenia, pianto, caduta della concentrazione, indecisione, pessimismo, autosvalutazione, pensieri suicidari, ma anche da sintomi come senso di grandezza, iperattività, agitazione, loquacità. Inoltre, spesso è accompagnata da altri disturbi come: anoressia, bulimia, insonnia, ipersonnia, manifestazioni ansiose” (Ammaniti, 2002). Negli adolescenti, gli indicatori  presentati compaiono raramente in un quadro completo ed esaustivo,  con le modalità ricorrenti e stabili tipiche invece dell’adulto.

Risulta allora complesso stabilire una corretta diagnosi, discriminando i sintomi transitori tipici di questa fase di passaggio rispetto ad una insorgente patologia depressiva.

L’incontro quotidiano con adolescenti “fragili e spavaldi” (Charmet, 2008) nella scuola, nello studio d’analisi o nel lavoro di counselling familiare ci mette a contatto  con ragazze e ragazzi le cui  fasi alterne dell’umore  oscillano tra sentimenti di colpa, vergogna, delusione, disistima di sé, ed emozioni di intensa agitazione, collera o trionfante onnipotenza. Sono i giorni attraversati dalla noia e dalle “passioni tristi” (Benasayag M. e Schmit G., 2004), che si alternano a fasi caratterizzate da  sensazioni “a tinte forti”. Il nichilismo è l’ospite inquietante di questo tempo esistenziale (Galimberti, 2007) così come il sogno è, in questa stagione della vita, la spinta vitale al cambiamento (Fabbrini, Melucci, 1992).

Alcuni indicatori caratterizzano percorsi di vita difficili, ma essenzialmente evolutivi,  altri segnalano invece trame esistenziali lacerate dal dolore malinconico.

Negli adolescenti, dunque, l’aspetto tipico della depressione può essere poco evidente e lasciare il campo a “equivalenti depressivi” (Ammaniti, 2002) che si presentano in modo altalenante e caotico.

La depressione adolescenziale  “da un lato, nelle sue manifestazioni «fisiologiche»,  è fondamentale nella maturazione della personalità e nell’acquisizione di un senso di sé e del mondo sempre più duttile e articolato, con scenari adattativi di ciò che è reale e ciò che è sogno, di ciò che appare conseguibile e ciò che non appare tale. Dall’altro lato, nelle sue manifestazioni «patologiche» – nel continuum tra «normalità» e «patologia» – […] può interferire con le potenzialità evolutive individuali fino ad arrestarle, talora in modo brusco e drammatico, con ripercussioni sull’intero ciclo di vita successivo, sotto il profilo della realizzazione professionale, di quella affettiva e, più in generale, della progettualità.” (Nardi, 2004, p.650).

Ammaniti (2002), realizzando una sintesi tra i sintomi emergenti da una lunga serie di studi del settore segnala questi indicatori di una depressione adolescenziale:

“1) rallentamento psicomotorio, caratterizzato da un rallentamento della motricità, dell’ideazione, dell’espressione verbale e della percezione del tempo (questo sintomo è considerato da molti studiosi come la manifestazione più evidente e oggettiva di uno stato depressivo di base e sembra essere il segno più sicuro di una patologia depressiva);

2) disturbi fisici, che si presentano soprattutto sotto forma dì anoressia nervosa e ipersonnia;

3) stati emotivi di tristezza, melanconia, pessimismo e disperazione (hopelessness) (anche se tali reazioni di ordine psicologico non si accompagnano sempre a un quadro depressivo);

4) sentimento di noia e mancanza, di interesse (anedonia); 

5) stanchezza fisica e senso di fatica (astenia); 

6) senso di impotenza e di inefficacia e morosité, condizione peculiare di alcuni adolescenti, che si esprime in un rifiuto di investire nel mondo e nella convinzione che non c’è nulla che serva a qualcosa, ogni sforzo risulta vano;

7) passaggio all’atto auto- ed eteroaggressivo, rappresentato per esempio dall’assunzione di alcolici e di droghe, dall’eccesso di cibo, da comportamenti violenti, da tentativi di suicidio.” (Ammaniti, 2002, p.221)

Tra i fattori di vulnerabilità che possono ingenerare uno stato depressivo troviamo: un difficile processo di individuazione/separazione dalle figure genitoriali, la presenza di un attaccamento insicuro, rappresentazioni negative di se stessi e degli altri, familiarità alla sindrome depressiva, trascuratezza nel caregiver, eccessiva dipendenza, senso di incapacità e inadeguatezza.

Da un punto di vista epidemiologico la depressione adolescenziale  riveste una grande rilevanza nella nostra pratica clinica. La sua incidenza all’interno della popolazione di riferimento nelle ricerche più recenti offre dati contrastanti proprio per la faticosa definizione della sindrome e per la mancata standardizzazione dei metodi valutativi. Nardi (2004), confrontando una notevole raccolta di studi caratterizzati da diverse modalità di accertamento, parla di una prevalenza, giudicandola sottostimata, che va dal 3 all’8 per cento.

I più comuni paradigmi di riferimento circa le possibili origini dell’esperienza depressiva sono riconducibili a tre grandi aree. La prima, quella neurobiologico-genetica, ritrova nell’alterazione funzionale del sistema nervoso e nelle evidente eridatarietà le uniche cause generanti la disregolazione dell’umore (Kandel, Schwartz, Jessel, 1991). La seconda, quella cognitivo-comportamentale, rintraccia la comparsa della patologia depressiva in  problemi psico-comportamentali all’interno di specifiche organizzazioni di senso, personalmente definite, ed attraverso assetti emozionali appresi nelle esperienze di attaccamento primarie (Lambruschi,2004) . La nostra scelta epistemologica va nella direzione di un terzo modello, che possiamo definire psicodinamico-relazionale ed evolutivo e che ora andremo a specificare.

  1. Diagnosi

La nostra matrice clinica di riferimento  si muove all’interno dell’impostazione neoberniana. Da essa mutuiamo i concetti tipici che appartengono all’Analisi Strutturale, a quella Funzionale e a quella più propriamente Transazionale (Berne, 1961 ). Nello specifico recuperiamo, inoltre, la  visione di un’adolescenza come revisione fisiologica delle precedenti scelte copionali.  Per quanto concerne, invece, una visione clinica dell’organizzazione depressiva  inviamo per ulteriori approfondimenti a Novellino (1998).

Lo sfondo teorico e metodologico si arricchisce dei contributi relativi a Protocollo, Copione, Posizioni esistenziali ed Epicopione , rielaborati in un ottica evolutiva da  Fanita English (English, 2010).

Più recentemente Maria Teresa Romanini (Romanini, 1999) aggiunge alla suddivisione strutturale dell’Io proposta da Berne anche la visione dello sviluppo temporale, proponendo il concetto di Io Reale  e di Stadio dell’Io che permettono di leggere con un nuovo sguardo l’adolescenza. Un periodo esistenziale che  viene letto come una   “crisi di scelta tra i noti valori e limiti identificatori di copione e il rischio di una nuova identità a più ampio respiro, indicata al soggetto dall’aumento  di energia psichica ed esistenziale e dal mondo psicosociale”. (Romanini, 1986). Un periodo di transizione basato su “ripetuti Self-reparentings e redecisions fisiologici fino all’autoriconoscimento della propria responsabilità esistenziale quale persona umana adulta” (Romanini,1991).

Da un punto di vista operativo, l’incontro clinico con l’adolescente dalla  forte caratterizzazione depressiva  emerge anche dall’attenta lettura e studio  degli inumerevoli single case raccolti e presentati da Munari Poda ne il Posto delle fragole (Munari Poda, 2012). Solo per citarne alcuni: la poetica Fleur (Le rose di Fleur,1999), la giovane  Frieda (La mia Africa, 2003),  l’adolescente Tristano (Sehnsucht: l’anima mia è triste fino alla morte, 2003) e la dodicenne Miriam (La ragazza del vento, 2001).

Quali gli strumenti concettuali  dell’Analisi Transazionale che utilizziamo  per descrivere la depressione?

Da un punto di vista intrapsichico è per noi  fondamentale l’uso dell’Analisi strutturale attraverso le quattro diagnosi previste da Berne, con particolare riferimento alle coordinate  comportamentali, alla dimensione sociale-relazionale di transfert e controtransfert, alla prospettiva storica e fenomenologica. Il Genitore critico dominante schiaccia il Bambino attraverso un dialogo interno distruttivo che ingenera un impasse di particolare gravità. L’Adulto appare contaminato al punto da svalutare importanti dati di realtà ed è reso impotente in una delicata fase ricostruttiva. Il Bambino si dibatte tra un “non sarò mai in grado di” ed un “sono cattivo non merito di essere felice”.

L’analisi delle Transazioni ci permette di evidenziare anche il senso e la filigrana dell’asimmetria tra le due generazioni che si incontrano nella stanza d’analisi: quella tra un terapeuta adulto e quella di un adolescente e ci consente di verificarne la qualità enpatica e la profondità dei reciproci riconoscimenti.

Da un punto di vista evolutivo, nelle  Posizioni  esistenziali (IO- TU+), nell’analisi del  Copione in formazione  poniamo particolare attenzione  agli elementi che lo compongono ed alla particolare fase di trasformazione cui assistiamo: limitanti ingiunzioni (Non esistere, Non godere, Non essere importante, Non tener conto dei tuoi bisogni, Non avere la tua età), precoci convinzioni (come la credenza di meritarsi un abbandono definitivo da parte del caregiver), che portano a decisioni di iperadattamento, astensione, agitazione o annullamento. Ascoltiamo attentamente l’emergere di  sentimenti parassiti (tristezza, apatia e senso di colpa) a fronte di emozioni autentiche (rabbia e paura), alla ricerca di ruoli drammatici (Vittima che cerca un Salvatore) e a come tutto ciò si va strutturando.

In questo contesto di lavoro diviene predittore significativo anche le concreta possibilità di elaborare un contratto in tutte le sue espressioni, dal minicontratto esplorativo di seduta con il nostro diretto interlocutore, al contratto terapeutico in senso stretto, al multicontratto con gli adulti di riferimento dell’adolescente.

Quanto detto va declinato con un’attenzione fase specifica. Per l’adolescente, processo diagnostico e terapeutico sono molto più vicini di quanto sembri, poiché il desiderio di identificazione di una ragazza o di un ragazzo è quasi necessità vitale al fine di autoconoscersi ed autocostruirsi.

Pertanto nella stanza d’analisi “all’interno di questa matrice relazionale, l’attenzione e la risposta (anche di astensione attiva) da parte dell’analista ai micro-segni, rivelano e  attivano quei “microprocessi” che determinano operativamente il campo intersoggettivo e, da un punto di vista pragmatico, producono una ricontestualizzazione della memoria implicita dell’esperienza relazionale del piccolo paziente inscritta,  e che si iscrive, a livello profondo, negli organi psichici.” (Attanasio,2012, p.34).

Al terapeuta di adolescenti è richiesta una  profondità diagnostica che si traduce anche nella “capacità di  “vedere”,  nella incompiutezza del presente, nei suoi dolorosi vuoti, eccessi e disorganizzazioni (anche dell’ambiente), ciò che è trattenuto dalle limitazioni di un copione stretto e non ancora rivelato,  è percepito solo come disordine e dissonanza.” (Attanasio,2012,p.35).

Per avvicinare, conoscere e riconoscere una  qualsiasi sindrome  depressiva  non possiamo prescindere dai sistemi di classificazione diagnostica normalmente utilizzati in ambito clinico: DSM IV (2013) o  ICD 10 (1990) nei quali tali disturbi sono inseriti e presentati con particolare attenzione agli aspetti descrittivi e alle loro caratteristiche cliniche. Questi sistemi nosologici  ci offrono, però, una visione generale su tutto l’arco esistenziale, senza prendere in considerazione lo specifico di alcune aree evolutive, come la prima e seconda infanzia o l’adolescenza.

Siamo consapevoli della loro utilità ed importanza, poiché alcuni indicatori depressivi tipici della popolazione adulta si riscontrano anche nella depressione  adolescenziale, ma in qualità di psicoterapeuti dell’età evolutiva  non possiamo fermarci ad essi.

Il sistema diagnostico PDM (PDM Task Force, 2006) ha diversi elementi che ci permettono un approccio che coniuga scientificità e traduzione operativa nella psicoterapia dell’adolescente. E’ uno strumento che declina la ricca tradizione psicoanalitica delle dinamiche intrapsichiche e relazionali, l’approccio descrittivo del D.S.M., nonché i  recenti contributi delle neuroscienze e dell’Infant research.  Tale attenzione emerge, in particolare, nella sezione dedicata alla  Classificazione dei disturbi mentali dei bambini e degli adolescenti. Nello specifico per bambini ed adolescenti,  si recuperano Profili circa il funzionamento mentale (Asse MCA), Pattern e disturbi di personalità (Asse PCA), Pattern sintomatici  e di esperienza soggettiva (Asse SCA). Tutto ciò in riferimento  a compiti evolutivi fase specifici.

Il PDM risulta pertanto il nostro strumento diagnostico d’elezione, poiché in esso si coniugano armonicamente l’attenzione fenomenologica, i contributi della psicoanalisi infantile, della psicopatologia dello sviluppo e della psichiatria infantile. Tale cornice di riferimento è naturalmente l’area in cui ci muoviamo per giungere all’approfondimento clinico specificatamente analitico transazionale.

  1. Trattamento

Nel predisporre un’ipotesi per il piano di trattamento, il terapeuta tiene presente, oltre che la fase evolutiva e le sue manifestazioni, il contesto di vita specifico di quell’adolescente e il contesto più allargato, oltre che la storia dell’adolescente e le sue modalità primarie di attaccamento.

In generale, condividiamo alcune aree di attenzione quali il “ dar valore all’autonomia allo stesso modo che alla relazionalità; il porgere attenzione alla tensione dialettica interna al copione;  l’ascoltare fantasie consce e inconsce e lavorare con le dinamiche vitalizzanti del transfert e controtransfert. Queste non sono categorie specifiche né una serie di tecniche, ma sono atteggiamenti e processi intrecciati e mutualmente integranti. “ (Cornell, 2010, p.47).

Il trattamento tiene conto, inoltre, della plasticità di questa fase della vita, dei cambiamenti evolutivi rapidi e spesso sorprendenti, delle potenzialità intuitive e creative di cui i nostri giovani pazienti sono dotati: “l’adolescente per l’eterogeneità dei processi di sviluppo, per la molteplicità dei possibili percorsi evolutivi, per l’instabilità degli schemi ideo-affettivi, richiede ancor più dell’adulto un intervento mirato e duttile” (Nardi, 2004,p. 667).

Lo scopo è fornire all’adolescente un nuovo sguardo su di sé, attraverso la proposta di nuovi strumenti di gestione del suo mondo interno, in un periodo in cui stanno prendendo forma le “decisioni di sopravvivenza” (English, comunicazione orale, Milano, 2007).

3.1 Aspetti metodologici

La duttilità del piano terapeutico ha comunque degli aspetti metodologici indispensabili, che possono essere così sintetizzati:

  • Costruzione dell’alleanza e Contrattualità
  • Interventi sui permessi
  • Self-reparenting e ridecisioni
  • Interventi sui Meccanismi di sostituzione: dai sentimenti parassiti ai sentimenti reali
  • Interventi sull’Epicopione
  • Lavoro con i genitori

Costruzione dell’alleanza e conrattualità

I metodi e gli strumenti tipici del trattamento analitico transazionale vengono applicati in un’atmosfera emotiva (Vallino, 1998, 2009) accogliente nei confronti dei mondi degli adolescenti. Tra le proposte del terapeuta, accetteranno ciò che sarà loro più congeniale, ciò che darà forma alla loro angoscia e confusione, e se lo porteranno via, a rivitalizzare il loro mondo.

La terapia con l’adolescente ci richiede, in quanto terapeuti, “di coltivare le nostre capacità di immaginazione, poiché l’immaginazione rifiuta di conformarsi alla teoria ma ci offre una via d’accesso al linguaggio dell’inconscio, il quale è più verosimilmente espresso attraverso l’immagine e il simbolo. (…) Tale modello permette l’azione reciproca dell’immaginazione insieme alla comprensione concreta, attraverso un’esplorazione e un’analisi del regno intersoggettivo che descriviamo come relazione transferale” (Hargaden, H. – Sills, C. (2002, p.22) .

Il contratto e l’atteggiamento contrattuale del terapeuta lungo tutto il percorso sono elementi fondanti la terapia. Hanno effetti terapeutici importanti, l’adolescente si sente visto, interpellato, valorizzato, e, soprattutto, contenuto.

Intervento sui permessi

Il terapeuta trasferisce, nella terapia con l’adolescente, i criteri di Maria Teresa Romanini circa l’individuazione dei permessi importanti in età evolutiva: “Se l’analista è sufficientemente sano, gode delle proprie occupazioni e il bambino recepisce l’informazione nella transazione A-A a livello sociale e insieme percepisce, in transazione G-B a livello psicologico, il «permesso di crescere», collegato all’altro «permesso di godere» e al «permesso di pensare e di volere».” (Romanini, 1997,p.464)

Self-reparenting e ridecisioni

Durante il percorso terapeutico, vengono individuate nuove figure potenti e identificatorie, appartenenti al mondo reale o fantasticato dell’adolescente, che possano mandare messaggi volti a contrastare ingiunzioni non sane, a fornire modelli integrativi e nuovi permessi. Il terapeuta rivisita la teoria del Self-reparenting di Muriel James (1974), alla luce del pensiero di Maria Teresa Romanini: “Il Self-reparenting, dunque, in età adulta parte spesso dall’Adulto, che conosce, paragona, valuta e fa proprie idee o comportamenti altrui, in modo consapevole e volitivo, anche per mezzo di successivi esperimenti sempre più adeguati per giungere alla migliore mediazione tra le necessità e le capacità cognitive presenti e i valori della memoria. Un confronto di attendibilità tra i nuovi stimoli e il vecchio sapere e/o saperi.

Accanto al Self-reparenting prevalentemente cognitivo, continua a esistere, lungo tutto l’arco della vita, il Self-reparenting prevalentemente affettivo-intuitivo del Bambino, per opera del Piccolo Professore, che ridefinisce le norme e i comportamenti del proprio ambiente (culturale, politico, familiare, religioso e così via).” (Romanini, 1993, p.230)

Per il terapeuta questo significa che anche con l’adolescente, così come con il bambino, è importante la relazione B-B, perché è al suo interno che vengono veicolati il piacere per la vita e la curiosità. E’ stimolando il Piccolo Professore che si possono esplorare risorse spesso offuscate.

Interventi sui Meccanismi di sostituzione: dai sentimenti parassiti ai sentimenti reali

In I meccanismi di sostituzione: dai sentimenti parassiti ai sentimenti reali (1971), English individua tre momenti nella percezione del sentimento nella persona adulta: la consapevolezza interiore del presente (vedo e sento qualcosa di strano, sono spaventato, felice, in collera), l’espressione del sentimento (attraverso l’atteggiamento e la parola manifesto il mio sentire), l’azione diretta verso qualcosa.

Così come quando era bambino, l’adolescente frequentemente non distingue questi tre momenti: coesistono in forma indifferenziata, l’azione è simultanea all’espressione e precede la consapevolezza.

Agli educatori English dà una serie di suggerimenti, molto utili anche al terapeuta dei bambini e degli adolescenti: prendere nota della propria esasperazione in quanto indice di presenza di ricatti, che non vanno presi di punta: restare ad osservare, cogliere l’occasione per incoraggiare, sostenere e rinforzare i sentimenti reali, anche quando appaiono inaccettabili. Può essere utile spiegare al bambino e all’adolescente che il fatto di esprimere un sentimento non significa necessariamente agirlo, in quanto lo si può controllare con l’Adulto.  (English, 1971, p.118)

Intervento sull’Epicopione

In alcune situazioni, la depressione dell’adolescente è strettamente correlata con quella di un genitore. In questi casi il terapeuta è consapevole del rischio della patata bollente, descritta da Fanita English (1969, 2010). Secondo English “Il processo dell’epicopione ha luogo quando un “donatore” importante, lui medesimo coinvolto in un trauma irrisolto, passa una “patata bollente” (una sorta di dovere esistenziale a portare a termine un compito distruttivo) a un “ricevente vulnerabile” che si sente impotente o dipendente in relazione al donatore, come può essere un bambino” (English, 2010, p.227).

La presa in carico del problema del genitori in un altro setting, in questi casi, è auspicabile.

Lavoro con i genitori

Nella terapia con l’adolescente, il lavoro con i genitori assume caratteristiche diverse rispetto a quello nel setting con il bambino. Fermo restando che l’alleanza con gli adulti di riferimento è un aspetto fondamentale (Sichem, 1991, Munari Poda, 1999), viene valutato caso per caso il tipo di percorso, se separato o con la presenza dell’adolescente.

Particolare attenzione verrà prestata anche alla crisi esistenziale che normalmente attraversa una coppia genitoriale con un figlio adolescente. Un nuovo ciclo esistenziale coinvolge l’adulto, madre o padre che sia, che è chiamato a rivedere la propria strutturazione del tempo, ritrovando bisogni o limiti e a riscoprire nuove forme di realizzazione personale o di coppia (Romanini, 1986).

3.2 Atteggiamento del terapeuta

Il terapeuta mantiene un atteggiamento contrattuale, che contribuisce a fornire una base sicura e un contenimento all’adolescente. Egli non ha paura della paura, non fa da cassa di risonanza davanti alle manifestazioni e agli agiti, nella loro variegata gamma. Lavora con l’adolescente affinché individui spazi sani e protettivi per sé, oltre la terapia. Spazi che, a seconda della persona, possono essere la musica, la lettura, lo sport, e anche alcuni aspetti individuati e delimitati di Internet.

3.3 Valutazione del cambiamento 

Il cambiamento può essere riconosciuto a due macrolivelli, sia all’interno del setting terapeutico che nei contesti quotidiani di vita dell’adolescente (scuola o lavoro, famiglia, gruppo dei pari ecc)

In particolare osserviamo:

  • Il raggiungimento di un obiettivo contrattualmente condiviso.
  • L’attenuazione e/o remissione di sintomi ( psichici, corporei, emotivi, relazionali).
  • I cambiamenti nella vita quotidiana,  la ripresa dell’attività scolastica o lavorativa, la ripresa di uno stabile ritmo sonno-veglia o dell’ alimentazione, il miglioramento di una vita sociale con relazioni a due o gruppali, l’attenuazione entro limiti accettabili del conflitto intergenerazionale, il risveglio di interessi ludici o della pratica sportiva.

In conclusione riteniamo fortemente significativo prima della chiusura di un percorso terapeutico che, da un punto di vista relazionale, si sia vissuta esperienza di un reciproco riconoscimento, adulto-adolescente. Un riconoscimento  osservato nei contenuti espressi  e nel processo terapeutico, in cui :” il consulente o terapeuta ha rappresentato  e rappresenta una figura (per se stesso così come per il cliente), che sta lì non per qualche particolare obiettivo o esito, ma per il diritto alla vita stessa, e alla vitalità”. (Cornell, 2010, p.50).

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